Seconda recensione che trovate qui, nella sezione dispensa del sito.
Tu sei il tuo paziente di Marco Mereu entra nella dispensa dei miei libri
Si dichiara un food mentor casareccio, e già solo per questo è entrato nella top five dei miei colleghi preferiti.
Ho conosciuto Marco attraverso i social, e ci siamo visti in un’unica occasione , durante un congresso, ovviamente mentre eravamo entrambi al buffet in preda alla lagna facile di chi, come noi, si scoccia di fare le file, si scoccia di star zitto e quindi prende a parlare con il primo sconosciuto della fila.
Ecco quello che abbiamo in comune io e Marco è che abbiamo tanto da dire, e Marco ha avuto l’idea di metterlo su carta e scriverci un libro , a mio modestissimo parere, fantastico.
Nel libro Marco , parla di nutrizione , di scienza , ma soprattutto dei suoi pazienti.
Vuoi essere diverso? Comincia ad essere chi vuoi diventare!
Il bisogno di cambiare è un qualcosa che accompagna tutti i pazienti che varcano la soglia della porta dello studio di Marco, ed in realtà anche il mio.
Quando ho iniziato a leggere il libro ho rivisto molte delle sue decisioni come se fossero le mie, ed ho condiviso molte delle sue scelte.
Tu sei il tuo paziente è il libro scritto dal mio collega Marco Mereu, sardo d’origine, milanese in affidamento, che affronta la tematica del cambiamento non solo dal punto di vista di un professionista del settore sanitario, ma dal punto di vista di chi fa del suo lavoro un oggetto di continuo studio, grazie al suo lavoro empatico lo affronta dalla parte del paziente, perché in realtà non è difficile sentirsi noi stessi pazienti, o parte degli stessi, quasi come se fossimo quel pezzo di miocardio che batte, l’enterocita dell’epitelio intestinale, la sinapsi di quel grande garbuglio di fili aggrovigliati che risiede nella mente dei nostri pazienti, che piano piano iniziamo a districare come un abile e paziente giocatore di Shangai.
Ma il problema non è quanto tempo ci vorrà, citando Marco : il problema vero è cambiare, come al solito!!!
Si perché purtroppo è sempre di questo che si parla. Il discorso gira sempre intorno a questo grande e misterioso verbo cambiare o sostantivo cambiamento, che spesso spaventa!
Cambiare vuol dire mettere in discussione se stessi, mettere in pausa la propria vita , ripartire da zero o cominciare da un punto, o ancora tornare indietro per rivedere, rimescolare, riorganizzare, la propria vita.
Come nel film “Sliding doors” con Gwyneth Paltrow, ogni volta che siamo di fronte ad una scelta che cambierà le nostre vite , siamo tediati dalla scelta che andremo a fare.
Ed è proprio quello che accade a tutti i protagonisti delle storie di Marco.
Cambiare non è mai facile, vivere nella comfort zone ci permette di risiedere in una bolla magica in cui crediamo erroneamente, che senza il minimo sforzo la magia possa avvenire.
Ed invece facendo i conti con la realtà, cambiare vuol dire proprio compiere quello sforzo, cambiare vuol dire proprio far avvenire la magia.
Ma molto spesso, più della forza di gravità che tiene i nostri bei culi saldati ai divani in preda alla maratona dell’ultima serie tivù in onda su Netflix, la sicurezza della comfort zone ci tiene rigidi nelle nostre convinzioni , nelle nostre idee.
Stesse idee che diventano negazione e abnegazione, diventiamo quasi sordi tanto che siamo convinti delle nostre idee.
Quelle in cui il metabolismo è lento per questo non dimagriamo, quelle in cui abbiamo fatto proprio come la nostra amica, ma noi non abbiamo perso un etto ma chissà perché, quelle stesse idee che invece di affrontare aprendo la mente a delle nuove, ci rinchiudono in una prigione di finte regole che ci obblighiamo a seguire, per ingannare la nostra mente.
Ingannare vuol dire anche illudersi, ed illudendosi spesso, non facciamo altro che sentirci come il Mattia Pascal di Pirandello, che cerca di ricominciare da capo la sua vita, ma alla fine sembra che sia impossibile per l’uomo sfuggire al suo destino.
Perché molto spesso siamo schiavi della nostra stessa vita, e più che essere in una comfort zone, è la paura che ci fotte.
La paura che cambiando possa accadere qualcosa che stravolga in maniera esagerata il nostro essere, la paura che cambiando tutte le nostre condizioni, con cui eravamo abituati a vivere e con le quali abbiamo costruito la nostra persona, non regga più la palafitta che avevamo costruito nel mare delle lacrime che ogni volta, senza convinzione alcuna, abbiamo versato per quello che abbiamo additato come un ulteriore fallimento.
Ed allora ecco che è utile farsi aiutare, ascoltare il professionista.
Marco lo fa, e lo si capisce bene, perché attraverso la lettura del libro vi rendete conto dell’immenso lavoro che c’è dietro la figura di Marco come biologo nutrizionista, ma soprattutto come persona.
Perché Marco sa che come lui, anche i pazienti sono fatti della sua stessa sostanza, ed è quindi utile, con l’auspicio di una buona riuscita di un percorso, sentire ciò che sente il paziente, ed è quello che cerco di fare anche io, con quello che in gergo viene definito empatia.
L’empatia che non è sentirsi nei panni dell’altro, nei panni del paziente, ma riuscire a capire di che stoffa sono fatti i panni di questo paziente, capire il perché gli stanno stretti o nel caso di un narcisista, perché quegli abiti proprio non li vuole abbandonare, visto che ci sta cosi bene dentro.
Ecco Marco mi ha fatto capire che del resto, non c’è nulla di diverso rispetto a quello che era il lavoro da sarta che faceva mia madre con il nostro.
Vabbe adesso , come sempre mi sono dilungata troppo, e non voglio che Marco mi dica che ho parlato troppo.
Vi invito quindi a leggere il suo libro, ad immergervi in questa lettura fluida del suo pensiero, e di dirmi /dirci cosa ne pensate.
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