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Lo so , quando si parla di malattie ‘serie’ , è sempre molto difficile. Siamo abituati a vedere la nutrizione come mera soluzione al dimagrimento ‘localizzato’, ma commettiamo due errori quando pronunZiamo questa frase.

Non esiste il dimagrimento localizzato, e nessuna dieta è atta a permettere una simile ‘sciocchezza’ RipetendoVI che …

L'articolo Alimentazione e Alzheimer proviene da Tiziana Persico.

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Come la nutrizione può prevenire le malattie neurodegenerative

Lo so , quando si parla di malattie ‘serie’ , è sempre molto difficile.
Siamo abituati a vedere la nutrizione come mera soluzione al dimagrimento ‘localizzato’, ma commettiamo due errori quando pronunZiamo questa frase.

  1. Non esiste il dimagrimento localizzato, e nessuna dieta è atta a permettere una simile ‘sciocchezza’
  2. RipetendoVI che è una sciocchezza pensare che la nutrizione, la scienza dell’alimentazione, possa permettere alle persone solo di dimagrire, e quindi non può essere utile in altri campi.

Mi spiego meglio.
Anni addietro, quando ci si presentava dal medico di famiglia, era lo stesso medico che molto spesso, per tantissimi tipi di patologie e disturbi,  non sempre legati all’alimentazione, consigliava di ‘mettersi a dieta’, ovvero di assumere uno stile di vita sano.

Questo perché? Perché poteva migliorare la sintomatologia e/o i disturbi legati ad una patologia, ad esempio colon irritabile, un post operatorio, l’influenza virale, un periodo di stress.
Col tempo invece, e soprattutto con l’avanzare delle metodiche comunicative, la nutrizione, e quindi anche la scienza ad essa affine ( la scienza dell’alimentazione, che ricordo essere parte integrante della scienza medica), è passata ad essere semplicemente un fine che giustificava IL DIMAGRIMENTO!

Ma non è cosi, e adesso vi spiego perché!!!
Sono mesi che questo articolo deve essere pubblicato, ed ogni volta faccio un passo indietro.
Lo faccio perché quello che sto per trattare è un argomento delicato, un argomento che sembra una sabbia mobile, nella quale non sai se riuscirai ad uscirne velocemente, o andare a fondo della situazione.

Perché?
Perché è un terreno inesplorato, un terreno che non è molto conosciuto di cui  non si sa ancora ora bene NIENTE!!!
Ma andiamo con calma.

Vi ho sempre elencato i mille benefici di uno stile sano, consapevole, questo stile in cui è compreso il mangiare cibo salutare, fare sport.
Ma tutto questo può davvero prevenire delle malattie?

In generale quando parliamo di malattie, dobbiamo sempre parlare di prevenzione, e in generale se esistono dei modi per prevenire le malattie, dovremmo metterli in pratica, perché come dice la nota pubblicità: prevenire è meglio che curare e quindi si, a volte la nutrizione può prevenire e rallentare la progressione delle malattie, come nel caso del diabete.

Ma perché vi parlo di malattie neurodegenerative, e di diabete?
Cosa collega queste malattie tra di loro e soprattutto alla nutrizione?
Piano piano, ci arriviamo.

Prima di tutto uno dei motivi è che l’obesità è una delle cause per cui si scatenano queste patologie, che potremmo dire quindi che sono le ‘conseguenze’
Ma andiamo per gradi, con le definizioni. Partiamo da cos’è una malattia neurodegenerativa.

Spiegone scientifico

Le MALATTIE NEURODEGENERATIVE sono malattie , al momento incurabili ed invalidanti, che portano alla progressiva degenerazione e morte dei neuroni.
Parkinson e Alzherimer sono le malattie più frequenti, ed in particolare la malattia di Alzheimer (AD), di cui voglio parlarvi,  è una malattia neurodegenerativa con andamento crescente con l’invecchiamento della popolazione globale.

La malattia di Alzheimer (AD), è la forma più comune di demenza, è un problema crescente negli Stati Uniti e nel mondo. Nel DSM-5 viene nominata come disturbo neurocognitivo maggiore o lieve dovuto a malattia di Alzheimer .
Si prevede che entro il 2050, quasi 15 milioni di persone di età superiore ai 65 anni che vivono negli Stati Uniti avranno AD, quasi il triplicare il numero che la malattia attualmente colpisce .

Quali sono i segni distintivi di questa malattia? Dividiamoli in segnali e clinica della malattia:

Segnali:

  • La perdita di memoria che sconvolge la vita quotidiana
  • Confusione con tempi o luoghi
  • Problemi con le parole nel parlare o nello scrivere
  • Cambiamenti di umore e di personalità

Nella clinica, e quindi nel diagnosticare, da parte dei medici,  la malattia ritroviamo:

  • Alterato metabolismo del glucosio
  • Disfunzione mitocondriale
  • Amiloide-β (Aβ) e grovigli di tau e moderni segni distintivi bioenergetica

Che cosa vuol dire? Ve lo spiego più avanti, ma è importante capire che tutto ciò progredisce man mano che avanza la malattia passando dalla prima fase, in cui non è presente nessuna disabilità, in cui la persona non soffre di problemi di memoria, per passare ad un declino cognitivo, che avanza portando ad un aumento delle difficoltà e le fasi tra di loro si sovrappongono , la persona perde la capacità di rispondere al suo ambiente, di portare avanti una conversazione e, in seguito, di controllare i movimenti, ed è necessario molto l’aiuto nella cura personale quotidiana, tra cui mangiare o andare in bagno, perché  i muscoli diventano rigidi e la deglutizione diventa compromessa.

Ma ritorniamo alla clinica, parlavamo di
ALTERATO METABOLISMO DEL GLUCOSIO

Vi ricorda qualcosa?
Si , il diabete, di cui abbiamo parlato proprio qualche settimana fa qui.
Perché vi parlo di diabete?
Perché l’Alzheimer è considerato il diabete di tipo 3 , in America si parla moltissimo di questa associazione, in Italia forse un pò meno, infatti nei soggetti affetti da Alzheimer c’è un aumento della concentrazione celebrale di fattori ,che aumentano quando è in corso un’infiammazione ( TNF alfa) , soprattutto in presenza di iperinsulinemia e obesità, determinando la formazione delle placche amiloidi, tipiche dell’Alzheimer.

Cosa accade?

Spiegone

(ragazzi, queste so cose serie non te dimagranti il sale nelle zucche vuote, quindi di spiegoni, non ne abbiamo mai abbastanza!!!!)
Il fegato che ha il ruolo di veicolare il glucosio, in soggetti obesi e in sovrappeso, può evolvere in un fegato steotosico, ovvero fegato grasso, che chiude le porte all’insulina, determinando l’insulina resistenza, che si trasmette anche al cervello , in particolare nella regione dell’ippocampo, dove vengono ad essere presenti i processi di memorizzazione.
Quando questi centri neurali diventano insulina resistenti perdono le connessioni nervose , determinando quindi la perdita della memoria, perdita di neuroni, e quindi : la demenza conclamata.

Il cervello richiede un flusso di energia sostanziale che, in condizioni normali, è fornito dal glucosio.
Nei pazienti con AD si hanno costantemente riduzioni nell’utilizzo cerebrale del glucosio, che è correlato alla gravità del deterioramento cognitivo.

I trattamenti attualmente disponibili per l’AD hanno un’efficacia minima e non esistono trattamenti comprovati per il suo prodromo e la lieve compromissione cognitiva.

È in corso una ricerca a livello mondiale per trovare nuovi metodi di trattamento e soprattutto prevenzione, e, in ultima analisi, una cura per il morbo di Alzheimer e le altre demenze progressive.
Oggi, i trattamenti si rivolgono solamente ai sintomi del morbo di Alzheimer, ovvero quando la malattia ormai è già in atto.
Tuttavia gli scienziati continuano a studiare modi per fermare o rallentare l’avanzamento della malattia, identificare i fattori di rischio e migliorare la capacità di diagnosticare il morbo di Alzheimer in una fase precoce del processo della malattia.

Attualmente, ci sono cinque farmaci per l’Alzheimer approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti che trattano i sintomi della malattia di Alzheimer – aiutando temporaneamente i problemi di memoria e di pensiero con un sesto farmaco disponibile a livello globale. Tuttavia, questi farmaci non trattano le cause sottostanti della malattia né ne rallentano la progressione.

Molti farmaci in via di sviluppo mirano a interrompere il processo patologico stesso influenzando uno o più dei cambiamenti cerebrali associati all’Alzheimer. Questi cambiamenti offrono potenziali obiettivi per i nuovi farmaci per rallentare o fermare il progresso della malattia. I ricercatori ritengono che un trattamento efficace comporterà alla fine una combinazione di farmaci mirati a diversi obiettivi, in modo simile ai trattamenti attuali per molti tumori e AIDS.

Vi ho parlato di riduzione dell’utilizzo del glucosio cerebrale, questo segno distintivo coerente nei pazienti con AD, si è pensato che possa essere utilizzato come trattamento per i pazienti, perché tuttavia, l’evidenza suggerisce che il metabolismo dei chetoni cerebrali rimane intatto, quindi, vi è un grande interesse per il potenziale valore delle terapie che inducono i chetoni per il trattamento di AD.

Gli studi condotti su un modello animale di malattia di Alzheimer indicano un possibile effetto benefico della chetogenica, perchè sembra ridurre i volumi di beta amiloide. L’attività principale della dieta chetogenica è stata correlata al miglioramento della funzione mitocondriale e alla riduzione dello stress ossidativo.

Inoltre la restrizione dei carboidrati di una KD impedisce l’aumento post-prandiale dell‘insulina circolante, a sua volta segnalando la sovraregolazione della carnitina palmitoiltransferasi (CPT) per facilitare la traslocazione degli acidi grassi nei mitocondri per la β-ossidazione e la sintesi dei corpi chetonici.

Infatti il cervello utilizza i corpi chetonici come substrato energetico quando disponibile (leggi articolo sulla dieta chetogenica qui) e il metabolismo dei chetoni cerebrali non si deteriora nell’AD,  suggerendo un ruolo per gli approcci neurochetoterapeutici (NKT) che inducono il chetone nel trattamento dell’AD. (ma è tutto in FORSE)

Ma, perché c’è sempre un ma, le persone con malattie neurodegenerative sono soggette a malnutrizione, e la riduzione dell’assunzione di cibo è associata a sintomi di malattia, perchè come detto precedentemente, hanno problemi nella deglutizione, nella masticazione.

A sua volta, la dieta chetogenica porta ad un appetito ridotto, anche se la formulazione della stessa non deve essere per forza di cose ipocalorica, spesso per molti non è attraente dal punto di vista organolettico e può essere accompagnata da effetti collaterali del sistema gastrointestinale. Tutto ciò può portare ad un ulteriore abbassamento delle porzioni di cibo consumato da parte di persone anziane con malattie neurodegenerative e, di conseguenza, a un’ulteriore riduzione dei nutrienti dalla dieta. Non sono quindi disponibili dati sull’applicazione a lungo termine della dieta chetogenica in pazienti con malattia neurodegenerativa o dati sui suoi effetti sui sintomi della malattia.

>>>I risultati ottenuti finora applicando la dieta chetogenica al trattamento di diverse malattie neurologiche sembrano essere particolarmente interessanti per il recupero delle funzioni cognitive, sebbene siano numericamente limitati.

>>>I pochi studi condotti sugli esseri umani finora disponibili si basano su un progetto pre / post ma senza un gruppo di controllo di riferimento e senza randomizzazione, e questo è molto importante negli studi scientifici, per avere prova che determinate terapie effettivamente funzionano.

>>Di particolare interesse sono stati gli studi che hanno correlato l’introduzione della dieta chetogenica ad un miglioramento del vocabolario ricettivo verbale e del tempo di reazione nei bambini affetti da epilessia, nonché un miglioramento dell’attenzione e della memoria nei pazienti affetti da sclerosi multipla.

E la DIETA MEDITERRANEA??

Applicare le regole di una dieta mediterranea, ovvero quella che prevede l’utilizzo di alimenti del bacino del mediterraneo ricchi di grassi omega 3 utili allo sviluppo e al benessere neurologico, permette di abbassare i tassi di proteina beta-amiloide nel sangue.
Quando parlo di dieta mediterranea io non parlo di percentuali di macro nutrienti, ma di alimenti, ovvero pesce, legumi, olio extravergine d’oliva, cereali in particolare una dieta ricca in fibre,  che permettono di prevenire , per la loro ricchezza in molecole antiossidanti, vitamine le malattie metaboliche, il rischio cardio vascolare e l’invecchiamento cellulare, e quindi sono di fondamentale importanza in una malattia neurodegenerativa.

Concludo quindi che , purtroppo ad oggi una vera cura non c’è ed il ruolo dell’alimentazione è  quello di prevenire queste malattie, prevenendo una delle cause maggior che permettono l’avanzare delle malattie metaboliche, ovvero l’OBESITA’.
E quindi ritornando all’incipit dell’articolo
: la nutrizione, uno stile di vita sano, lo sport possono essere utili prevenire malattie serie, non solo per DIMAGRIRE.
Nutritevi in maniera sana, nutrite il corpo e la mente.

Ci tengo a dire una cosa mooooolto importante.
Questo articolo è stato frutto di un lavoro molto lungo di ricerca.
Quello che vedete scritto, non è la mia opinione, ma è il frutto di studi SCIENTIFICI , di ricercatori che ogni giorno applicano la scienza, quella vera, per migliorare la vita di tutti noi.

Trovate qui tutte le referenze e tutti ( o quasi perché alcuni sicuramente li avrò scordati per strada) articoli scientifici che ho visualizzato.

La scienza non è fatta di dogmi, si aggiorna continuamente, ed io spero che più avanti, questo articolo potrà essere modificato positivamente, leggendo qualche pubblicazione in cui si evince che i trattamenti disponibili per le malattie neurodegenerative hanno efficacia totale.

Link che possono aiutare

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L'articolo Alimentazione e Alzheimer proviene da Tiziana Persico.

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