a demenza conclamata.<\/strong><\/span><\/p>\nIl cervello richiede un flusso di energia sostanziale che, in condizioni normali, \u00e8 fornito dal glucosio<\/strong>.
\nNei pazienti con AD si hanno costantemente riduzioni nell’utilizzo cerebrale del glucosio, che \u00e8 correlato alla gravit\u00e0 del deterioramento cognitivo.<\/p>\nI trattamenti attualmente disponibili per l’AD hanno un’efficacia minima e non esistono trattamenti comprovati per il suo prodromo e la lieve compromissione cognitiva.<\/p>\n
\u00c8 in corso una ricerca a livello mondiale per trovare nuovi metodi di trattamento e soprattutto prevenzione, e, in ultima analisi, una cura per il morbo di Alzheimer e le altre demenze progressive.
\nOggi, i trattamenti si rivolgono solamente ai sintomi del morbo di Alzheimer, ovvero quando la malattia ormai \u00e8 gi\u00e0 in atto.
\nTuttavia gli scienziati continuano a studiare modi per fermare o rallentare l\u2019avanzamento della malattia, identificare i fattori di rischio e migliorare la capacit\u00e0 di diagnosticare il morbo di Alzheimer in una fase precoce del processo della malattia.<\/strong><\/p>\nAttualmente, ci sono cinque farmaci per l’Alzheimer approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti che trattano i sintomi della malattia di Alzheimer – aiutando temporaneamente<\/em> i problemi di memoria e di pensiero con un sesto farmaco disponibile a livello globale. Tuttavia, questi farmaci non trattano le cause sottostanti della malattia n\u00e9 ne rallentano la progressione.<\/p>\nMolti farmaci in via di sviluppo mirano a interrompere il processo patologico stesso influenzando uno o pi\u00f9 dei cambiamenti cerebrali associati all’Alzheimer. Questi cambiamenti offrono potenziali obiettivi per i nuovi farmaci per rallentare o fermare il progresso della malattia. I ricercatori ritengono che un trattamento efficace comporter\u00e0 alla fine una combinazione di farmaci mirati a diversi obiettivi, in modo simile ai trattamenti attuali per molti tumori e AIDS.<\/p>\n
Vi ho parlato di riduzione dell’utilizzo del glucosio cerebrale<\/span>, questo segno distintivo coerente nei pazienti con AD, si \u00e8 pensato che possa essere utilizzato come trattamento per i pazienti, perch\u00e9 tuttavia, l’evidenza suggerisce che il metabolismo dei chetoni cerebrali rimane intatto, quindi, vi \u00e8 un grande interesse per il potenziale valore delle terapie che inducono i chetoni per il trattamento di AD.<\/p>\nGli studi condotti su un modello animale<\/strong> di\u00a0malattia di Alzheimer\u00a0indicano un possibile effetto benefico della chetogenica, perch\u00e8 sembra ridurre i volumi di beta amiloide. L’attivit\u00e0 principale della dieta chetogenica \u00e8 stata correlata al miglioramento della funzione mitocondriale e alla riduzione dello\u00a0stress ossidativo<\/span>.<\/p>\nInoltre la restrizione dei carboidrati di una KD impedisce l’aumento post-prandiale dell‘insulina<\/span>\u00a0circolante, a sua volta segnalando la sovraregolazione della carnitina palmitoiltransferasi (CPT) per facilitare la traslocazione degli acidi grassi nei mitocondri per la \u03b2-ossidazione e la sintesi dei corpi chetonici.<\/p>\nInfatti il cervello utilizza i corpi chetonici come substrato energetico quando disponibile (leggi articolo sulla dieta chetogenica qui<\/a>) e il metabolismo dei chetoni cerebrali non si deteriora nell’AD,\u00a0 <\/span>suggerendo un ruolo per gli approcci neurochetoterapeutici (NKT) che inducono il chetone nel trattamento dell’AD. (ma \u00e8 tutto in FORSE)<\/p>\nMa, perch\u00e9 c\u2019\u00e8 sempre un ma, le persone con malattie neurodegenerative sono soggette a malnutrizione, e la riduzione dell’assunzione di cibo<\/span>\u00a0\u00e8 associata a sintomi di malattia, perch\u00e8 come detto precedentemente, hanno problemi nella deglutizione, nella masticazione.<\/p>\nA sua volta, la dieta chetogenica porta ad un\u00a0appetito<\/span>\u00a0ridotto, anche se la formulazione della stessa non deve essere per forza di cose ipocalorica, spesso per molti non \u00e8 attraente dal punto di vista organolettico e pu\u00f2 essere accompagnata da effetti collaterali del sistema gastrointestinale. Tutto ci\u00f2 pu\u00f2 portare ad un ulteriore abbassamento delle porzioni di cibo consumato da parte di persone anziane con malattie neurodegenerative e, di conseguenza, a un’ulteriore riduzione dei nutrienti dalla dieta. Non sono quindi disponibili dati sull’applicazione a lungo termine della dieta chetogenica in pazienti con malattia neurodegenerativa o dati sui suoi effetti sui sintomi della malattia.<\/p>\n\n>>>I risultati ottenuti finora applicando la dieta chetogenica al trattamento di diverse malattie neurologiche sembrano essere particolarmente interessanti per il recupero delle funzioni cognitive, sebbene siano numericamente limitati<\/strong><\/span>.<\/p>\n>>>I pochi studi condotti sugli esseri umani finora disponibili si basano su un progetto pre \/ post ma senza un gruppo di controllo di riferimento e senza randomizzazione, e questo \u00e8 molto importante negli studi scientifici, per avere prova che determinate terapie effettivamente funzionano.<\/p>\n
>>Di particolare interesse sono stati gli studi che hanno correlato l’introduzione della dieta chetogenica ad un miglioramento del vocabolario ricettivo verbale e del tempo di reazione nei bambini affetti da epilessia, nonch\u00e9 un miglioramento dell’attenzione e della memoria nei pazienti affetti da sclerosi multipla.<\/p>\n<\/blockquote>\n
E la DIETA MEDITERRANEA<\/strong>??<\/p>\nApplicare le regole di una dieta mediterranea, ovvero quella che prevede l’utilizzo di alimenti del bacino del mediterraneo ricchi di grassi omega 3 utili allo sviluppo e al benessere neurologico, permette di abbassare\u00a0i tassi di proteina beta-amiloide nel sangue.
\nQuando parlo di dieta mediterranea io non parlo di percentuali di macro nutrienti, ma di alimenti, ovvero pesce, legumi, olio extravergine d’oliva, cereali in particolare una dieta ricca in fibre,\u00a0 che permettono di prevenire , per la loro ricchezza in molecole antiossidanti, vitamine le malattie metaboliche, il rischio cardio vascolare e l’invecchiamento cellulare, e quindi sono di fondamentale importanza in una malattia neurodegenerativa.<\/p>\n
Concludo quindi che , purtroppo ad oggi una vera cura non c’\u00e8 ed il ruolo dell’alimentazione \u00e8\u00a0 quello di prevenire<\/strong> queste malattie, prevenendo una delle cause maggior che permettono l’avanzare delle malattie metaboliche, ovvero l’OBESITA’.
\nE quindi ritornando all’incipit dell’articolo<\/strong> : la nutrizione, uno stile di vita sano, lo sport possono essere utili prevenire malattie serie, non solo per DIMAGRIRE.
\nNutritevi in maniera sana, nutrite il corpo e la mente.<\/p>\n